
Ricevere un immobile in donazione può rappresentare un gradito arricchimento ma… guai a sottovalutare tutti i riflessi – spesso non immediatamente percepiti – che possono essere celati da tale trasferimento patrimoniale.
Cerchiamo di fare un po’ di ordine nella complessa disciplina in tema, e scoprire quali sono i principali problemi che si presentano a coloro che ricevono un immobile per donazione.
La revoca della donazione
La prima classe di “problemi” che può colpire chi riceve un immobile in donazione è intuibilmente legata alle possibili cause di revoca.
La donazione può infatti essere revocata:
- Per ingratitudine verso il donante: se il donatario dopo la donazione ha volontariamente commesso un omicidio o un fatto talmente grave da rilevare ai fini della disciplina sull’omicidio, ha falsificato o occultato il testamento del donante, ha effettuato una denuncia calunniosa nei confronti del donante per un reato che sia punibile con almeno tre anni di pena, o ancora si è reso colpevole di una grave offesa, o ulteriormente ha perso la potestà genitoriale nei confronti del donante o ha determinato un danno pregiudizievole verso il patrimonio di quest’ultimo, gli eredi o lo stesso donante possono domandare la revoca dell’atto.
- Per sopravvenienza di figli o discendenti, o per il riconoscimento di un figlio naturale se il donante al momento dell’atto di donazione non aveva figli o discendendo legittimi, o non sapeva di averne.
In ogni caso, si ha comunque bisogno di una domanda di natura giudiziaria, con il rispetto di un termine breve (1 anno dalla conoscenza dell’episodio) nel primo caso affrontato, e più lungo (5 anni dal momento in cui il donante ha un figlio, o scopre di averne) nel secondo caso.
Si tenga conto che se la domanda è accolta, il donante ha l’obbligo di restituire quanto ha ottenuto, in aggiunta ai frutti che sono maturati dal giorno della richiesta, e che se il donatario ha alienato il bene immobile, la vendita è considerata “salva” solamente nel caso in cui la trascrizione dell’alienazione con compravendita avvenga in un momento precedente alla trascrizione del provvedimento giudiziario con il quale si richiede la revoca.
La riduzione della donazione
Un’altra conseguenza potenziale, peraltro anche più frequente della revoca, è la riduzione della donazione, o l’impugnazione dell’atto di donazione a causa di un pregiudizio alla c.d. quota di legittima.
Ci riferiamo – intuibilmente – al rispetto del diritto dei c.d. legittimari, ovvero degli eredi facenti parte del nucleo “essenziale” della famiglia, i quali potrebbero ben impugnare e rendere così inefficaci le donazioni se tali atti vanno a ledere i diritti che la legge garantisce agli stessi familiari.
Si tenga in questo merito in considerazione come la riduzione della donazione non solamente possa rivolgersi verso quei soggetti che non rientrano nel “recinto” giuridico degli stessi legittimari, quanto anche verso un altro legittimario.
La legge prevede infatti che ogni legittimario abbia diritto a una parte del patrimonio del defunto e che nel caso in cui la parte di un legittimario ecceda il valore che è stato riservato allo stesso, incidendo così su quanto era stato riservato ad altro familiare, potrà andare incontro alla riduzione per intero o in parte della donazione ricevuta.
Quanto sopra fa sì che nel momento in cui si riceve una donazione di immobile, soprattutto se non si rientra nella stretta cerchia familiare del donante, è molto difficile sapere se si sta nuocendo alle possibili pretese dei legittimari, in tutto o in parte.
Una caratteristica valutativa che non potrà che incidere sul momento in cui si andrà a vendere il bene donato, considerato che se il donatario verso cui viene domandata la riduzione della donazione ha già venduto a terze persone il bene immobile, la persona (legittimaria) che agisce per domandare la riduzione può avanzare pretese di restituzione del bene anche nei confronti dei successivi acquirenti, a patto naturalmente che non siano già trascorsi venti anni dalla donazione.
Contestualmente, il nostro codice civile prevede che i gravami costituiti dal donatario, vadano incontro a decadenza nel caso in cui non siano ancora trascorsi vent’anni dalla donazione.