Differenze tra azione di riduzione e collazione in presenza di beni donati
Quando si parla di Donazione entrano in gioco diverse questioni che spesso generano non poca confusione.
Tra questi rientrano la collazione e l’azione di riduzione, il cui rapporto è stato chiarito dalla sentenza n. 28196, del 10 dicembre 2020, della Corte di Cassazione.
La Corte analizza le differenze tra i due istituti e chiarisce che il legittimario può esperire ambedue i rimedi.
Vediamo le differenze e i casi in cui entrano in gioco.
 
 

Azione di riduzione e collazione: le differenze

 
Per comprendere la sentenza è prima necessario conoscere i due istituti.
1) L’azione di riduzione (art. 533-564 c.c.) viene avviata dai legittimari quando le disposizioni testamentarie, o le donazioni, vadano oltre la quota di cui il testatore dispone ledendo la quota della loro eredità. 
La riduzione colpisce prima le disposizioni testamentarie e, se non è sufficiente a ripristinare la quota di legittima, si rivolge alle donazioni a partire dall’ultima. Se l’azione di riduzione ha esito positivo, il soggetto che ha ricevuto l’eredità in eccedenza, o la donazione, deve restituire in tutto o in parte il bene.
Per questo motivo è sempre consigliato, in presenza di un bene di origine donativa, una Polizza Donazione in grado di difendere il patrimonio e gli immobili di tutti gli eredi.
Il suo fine è quindi quello di difendere la quota di legittima degli eredi. L’operazione si riduce a un calcolo, nella riunione fittizia, se la legittima non è lesa.
2) La collazione (art. 737 c.c.) riguarda il coniuge, i figli e i discendenti del defunto, i quali, salvo dispensa, sono obbligati a conferire quanto ricevuto per donazione.
La collazione ha l’obiettivo di garantire il mantenimento, tra gli aventi diritto, della proporzione stabilita dalla legge. Nella collazione la riunione delle donazioni con il patrimonio esistente al momento della morte del testatore è reale e non fittizia.
 

Il caso e la risposte della Corte di Cassazione

 
Un uomo indica nel testamento, come eredi, il coniuge e i tre figli, in ragione di ¼ ciascuno.
Alcuni di loro però ritengono che sia stata lesa la quota di legittima e avviano una causa, in quanto la moglie del defunto, oltre alla disposizione testamentaria ha ricevuto anche delle donazioni.
Il Tribunale, dopo aver accertato la lesione della quota di eredità, riduce la disposizione testamentaria e la donazione. In seguito, in sede di gravame, viene rigettato il motivo d’appello sollevato dai figli secondo i quali il tribunale aveva conteggiato, erroneamente, le donazioni considerando solo la riduzione e aveva omesso di pronunciare sull’istanza di collazione. Il caso arriva così in Cassazione.
 
 

L’azione di riduzione e la collazione possono agire congiuntamente

 
I ricorrenti quindi lamentano che, in sede di impugnazione, sia stata considerata solo l’azione di riduzione e non la collazione. Infatti, con la collazione, le donazioni vanno ad accrescere la massa dividendola per l'intero. Nel caso in esame, i coeredi avevano diritto a concorrere sulle donazioni successive in favore del coniuge, anche oltre la parte di esse oggetto di riduzione.
La Suprema Corte infatti ritiene fondata la doglianza nei seguenti termini. La decisione del tribunale si fonda sulla circostanza per cui la moglie del defunto abbia ottenuto per intero la propria quota di legittima con le prime due donazioni.
Riducendo la disposizione testamentaria della madre e la donazione, i figli hanno conseguito la quota di riserva; il coniuge ha ottenuto la riserva e ha conservato la quota disponibile.
I figli lamentavano la mancata collazione delle donazioni ricevute dalla madre. Per il giudice del gravame, non era stata chiesta la collazione in natura e il tribunale aveva operato la collazione per imputazione. Secondo la Corte, tale ragionamento è errato, in quanto in questo modo si sono confusi i due piani:
  • il conteggio delle donazioni nella riunione fittizia e la riduzione delle donazioni lesive per reintegrare la legittima lesa,
  • e la collazione per imputazione.
 
Che rappresentano proprio i due modi diversi in cui operano la collazione e la riduzione.
La Suprema Corte quindi indica una semplice differenza tra i due istituti:
  • la riduzione sacrifica i donatari nei limiti di quanto occorra per reintegrare la legittima lesa ed è, quindi, imperniata sul rapporto fra legittima e quota disponibile;
  • la collazione pone il bene donato, in proporzione della quota ereditaria di ciascuno, in comunione fra i coeredi, donatario compreso, senza alcun riguardo alla distinzione fra legittima e disponibile (Cass. 1481/1979).
 
 

Quando le donazioni sono soggette a collazione?

 
In base a questi e ulteriori chiarimenti della Corte, ne consegue che:
  • al legittimario non può essere negata la tutela specifica derivante dall’azione di riduzione, sostenendo che la collazione riporti la donazione nell’asse ereditario;
  • l'azione di riduzione, una volta esperita, non esclude l'operatività della collazione con riguardo alla donazione oggetto di riduzione.
 
Con riferimento però a un’altra sentenza della Corte (n.12317/2019) è necessaria una precisazione: «mentre la collazione, qualora richiesta in via esclusiva, comporta il rientro del bene donato nella massa, senza riguardo alla distinzione fra legittima e disponibile, nel caso di concorso con l'azione di riduzione, essa interviene in un secondo tempo, dopo che la legittima sia stata reintegrata, al fine di redistribuire l'eventuale eccedenza, e cioè l'ulteriore valore della liberalità che esprime la disponibile»
 
Le donazioni fatte al coniuge e ai discendenti:
  • sono soggette indistintamente a collazione,
  • possono essere oggetto di riduzione solo le donazioni che, per essere ultime in ordine di tempo, abbiano leso la quota legittima (art. 559 c.c.).
 
Il problema del concorso fra collazione e riduzione non si pone per ogni donazione al coniuge o al discendente, ma nei casi in cui il legittimario, con riguardo alla stessa donazione, sia legittimato in collazione e in riduzione.
La Suprema Corte accoglie il ricorso e la rinvia alla Corte d’Appello che dovrà attenersi al seguente principio di diritto:
«Quando una donazione soggetta a collazione sia contemporaneamente lesiva della legittima, la tutela offerta dall'azione di riduzione, vittoriosamente esperita contro il coerede donatario, non assorbe gli effetti della collazione, che opererà in questo caso consentendo al legittimario di concorrere pro quota sul valore della donazione ridotta che eventualmente sopravanzi l'ammontare della porzione indisponibile della massa».

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